Saturday, April 25, 2020

Step. 11


IRREVERSIBILITA' COVID


Negare l'estremo saluto ai propri cari

Questo è l'aspetto più crudele del coronavirus.
Ogni cultura onora i morti a suo modo, con i riti spesso antichissimi e le sue tradizioni, e dunque non è questione religiosa ma anzitutto antropologica: la cura dei corpi, che spesso vengono lavati, rivestiti, decorati, unti con olii o avvolti in stoffe particolari, è il primo passo concreto nella manifestazione di quella pietà che prende poi altri percorsi, come quella del lamento funebre, cioè il cordoglio espresso dalla comunità.
Tutto questo è stato troncato di netto, negato dalla situazione di emergenza in cui ci troviamo.


Sospesi i rosari e strettamente contingentati i funerali in chiesa. Abolite le cerimonie di commiato e di consegna delle ceneri, ostacolate le esequie civili e religiose, rese ardue le benedizioni presso gli Ospedali e le Strutture sanitarie.


Le cerimonie funebri rappresentano infatti uno dei riti che scandiscono il lutto e la sua elaborazione nella psiche degli individui ed è per questo che la loro pesante modificazione, causata della diffusione di questo maledetto virus, può costituirsi come un fattore traumatico e psicolesivo per chi ne deve fare esperienza.
Un funerale, con tutti i suoi dettagli e significati sociali, è infatti un rito di passaggio che consente di dare una svolta a livello emotivo, di accommiatarsi e di iniziare ognuno con i suoi tempi la rielaborazione del lutto. Un funerale è utile, a livello simbolico, anche a condividere il dolore della perdita tra tutte le persone collegate al defunto, a rendere più sopportabile il dolore per i singoli e sublimare la perdita nel ricordo.

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La mancanza di una cerimonia, ma soprattutto della fisicità di un parente amato che ad un tratto non è possibile rivedere, nè in malattia nè dopo. Una persona annichilita da un virus, virus che sembrava così innoquo che non ci potesse toccare da vicino e che invece ci porta via all'improvviso una presenza  a noi molto cara.
La cosa con la quale fatichiamo maggiormente a fare i conti non è l'isolamento (nonostante l'essere umano sia animale sociale) né tanto meno la paura. Si fa fatica, certo. Ma la ferita che dovremo affrontare poi, come comunità, sarà quella del lutto "mutilato". Ai tempi del Coronavirus si muore soliAi tempi del Coronavirus si muore soli: i familiari sono lontani, non sono accanto alla persona che amano nel momento della morte, e non possono nemmeno salutarla degnamente.





Sensazione simile affliggeva Ugo Foscolo per la morte del fratello, purtroppo lontano da lui, lui che era obbligato all'esilio, come oggi noi alla quarantena, privato di dare un ultimo saluto a Giovanni.


In morte del fratello Giovanni

Ugo Foscolo - Wikipedia
Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, mi vedrai seduto
du la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de' tuoi gentili anni caduto:

la madre or sol, suo dì tardo traendo,

parla di me col tuo cenere muto:
ma io deluse a voi le palme tendo;
e se da lunge i miei tetti saluto,

sento gli avversi Numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta;
e prego anch'io nel tuo porto quiete:

questo di tanta speme oggi mi resta!
straniere genti, l'ossa mie rendete
allora al petto della madre mesta.







Fonti:
lavocedibolzano
wired
ilfattoquotidiano
idolomiti









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